Sono le 7.00 del mattino. È ancora buio fuori. Scendo velocemente i gradini della metro, riparandomi con un ombrello dalle prime gocce di pioggia che stillano da un cielo grigio e piatto. Mi fermo in fila, inserisco il biglietto, la sbarra del tornello si blocca. Con un movimento impacciato riesco a scavalcarla e così ricomincia la corsa affannosa giù per le scale. Aspetto in silenzio guardando il tabellone degli orari, in mezzo alla folla. L’attesa è interrotta dal frastuono della metro in arrivo. Una folata di vento, lo stridore dei freni e infine le porte si aprono. Tutti sulla metro. Uno attaccato all’altro, la metro è già piena. Chi cerca di salire alle fermate successive si destreggia per farsi spazio tra borse e zaini e, schiacciandosi tra le persone, cerca un angolo libero. Sulla metropolitana, così come nella vita, siamo tutti equilibristi in cerca di un appiglio a cui tenerci saldi.
Sono le 7.30. Guardo il mio volto riflesso nei vetri sporchi. Mi sembra di guardare uno sconosciuto: sarà forse perché sono molto stanca, il volto pallido e segnato da occhiaie scure, o sarà perché negli occhi leggo un senso di vuoto di cui finora non mi ero accorta. Sento molte voci attorno a me. C’è chi chiacchiera, chi ride e chi sbuffa.
Sono (forse) le 7.45. Un uomo varca le porte della metro e comincia a suonare il suo violino. Il brusio indistinto di voci ingaggia una lotta con la musica dello strumento. Mi lascio trasportare dalle note di quella musica. Tutti gli altri, invece, sembrano non accorgersi neppure di quanto sta accadendo. Come è vero che le persone a volte guardano senza vedere e sentono senza fermarsi ad ascoltare!
Quella strana indifferenza altrui desta in me il desiderio di lasciarmi stupire ancora di più dai dettagli, dalle piccole cose belle che ogni giorno si svelano in modo inaspettato. Assaporo ogni nota, ed ecco che sono arrivata alla mia fermata. Ricomincio la corsa sui gradini ed esco dalla metro. Qualcosa però è cambiato: ora gli occhi sono aperti a guardare ciò che c’è intorno a me, lasciandosi meravigliare e interrogare. Solo così ogni giorno si spoglia della sua ripetitività e acquista una bellezza sempre nuova.
Marta